Depressione

Depressione: definizione e sintomi

Il termine Depressione è un’espressione generica che si riferisce ad una condizione psicologica caratterizzata da una flessione verso il basso dell’umore e che può essere gravemente invalidante. Tale condizione può presentarsi in varie forme incluse sotto la dicitura “Disturbi depressivi” nel nuovo DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).

Il disturbo depressivo maggiore è, tra i disturbi depressivi, quello con una prevalenza maggiore. Esso è caratterizzato da episodi, ciascuno della durata di almeno due settimane, in cui l’individuo sperimenta una drammatica alterazione dell’affettività, della cognizione, del funzionamento sociale e lavorativo e delle funzioni neurovegetative. Durante questi episodi, la persona che ne è affetta si sente costantemente triste, disperata e senza speranza, soprattutto al mattino; non c’è niente che riesca a darle sollievo e anche le attività che fino a quel momento amava non riescono a procurarle alcun piacere; perde la motivazione per ogni genere di attività e non c’è niente per cui prova interesse; frequentemente si sente in colpa per tutto ciò che di negativo le accade intorno e per il fatto stesso di stare male (perché si ritiene incapace di riuscire a stare bene, come invece fanno le altre persone). Frequente è anche che si senta incapace di concentrarsi e persino di pensare. Dal punto di vista fisico, invece, un sintomo molto comune è la stanchezza, la mancanza di energie e la facile faticabilità. Anche il sonno e l’alimentazione spesso sono alterati: alcuni pazienti presentano una significativa perdita di peso e tendenza all'insonnia; altri, al contrario, presentano ipersonnia e aumento di peso. La perdita di interesse e di iniziativa inducono la persona verso un progressivo isolamento e questo spinge verso un vortice sempre più profondo il cui punto più estremo può essere il desiderio di morte: quando la propria vita appare insopportabile e priva di senso l’idea del suicidio ha un effetto consolatorio e liberatorio.

In base al numero dei sintomi presentati e alla gravità della compromissione del funzionamento sociale e lavorativo, questo disturbo può essere classificato come “Lieve”, “Moderato” o “Grave”.

Colpisce prevalentemente le donne e la prevalenza è maggiore nella fascia di età tra i 18 e i 29 anni. 


Depressione: cause

A scatenare un episodio depressivo maggiore in genere è un evento di perdita ( di un amore, del lavoro, di un ruolo, della stima, un lutto ecc.), reale o presunta. Tutti subiamo delle perdite nella vita e un abbassamento dell’umore è normale e comprensibile. Tuttavia, la maggior parte delle persone riesce in un tempo ragionevole a recuperare un funzionamento normale. Solo alcune persone, invece, si ammalano di depressione. Cosa determina questa differenza? E’ possibile individuare dei fattori di rischio, cioè quelle caratteristiche che aumentano la probabilità per un individuo di sviluppare il disturbo. Nella depressione abbiamo due principali fattori di rischio:

  • La componente biologica: chi ha un familiare di primo grado che soffre di depressione ha un rischio da due a quattro volte maggiore, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare il disturbo.
  • La componente cognitiva: chi soffre di depressione tende ad avere una visione estremamente negativa della realtà e ciò porta a vedere ogni cosa come attraverso un velo nero che rende sempre più depressi. Questo atteggiamento si struttura nel corso della vita della persona sin dalle primissime esperienze e apprendimenti. Beck, uno dei fondatori del modello cognitivo-comportamentale, ha parlato della “triade cognitiva della depressione” (1979) secondo cui i pazienti depressi hanno una visione negativa di sé, degli altri e del futuro. Queste persone hanno una visione di sé come inutili e indegne d’amore, degli altri come rifiutanti e non disponibili e del futuro come senza speranza. All'origine di questi schemi di lettura della realtà spesso, ma non necessariamente, vi sono esperienze molto precoci in cui i bisogni espressi dal bambino venivano ignorati. L’individuo così inizia a costruirsi dei modelli di sé come indegno di ricevere amore e dell’altro come rifiutante. Queste le parole di Silvia, 45 anni, durante un episodio depressivo: “Io sono una persona inutile e insignificante; non posso aspettarmi niente da nessuno perché nessuno può o vuole aiutarmi; se mio marito scoprisse come sono realmente mi lascerebbe; nel mio futuro penso che le cose potranno solo peggiorare e che il destino non riservi niente di buono per me”. Sulla base di questi modelli, i pazienti depressi distorcono notevolmente (ma non volontariamente) le loro interpretazioni degli eventi così da mantenere l’immagine negativa di sé, del mondo e del futuro. Queste distorsioni sono errori di ragionamento che sono dannosi perché eccessivamente rigidi. Le più comuni distorsioni cognitive nella depressione sono:
  • pensiero dicotomico (tutto o nulla): es., “se non sono perfetto, sono un fallito”;
  • ipergeneralizzazione: es, “non ho superato un esame, dunque non combinerò mai niente di buono nella vita”; “il fidanzato mi ha lasciato…nessuno mai mi amerà”;
  • focalizzarsi solo sugli aspetti negativi delle situazioni, ignorando o sottovalutando i lati positivi;
  • catastrofizzazione: es, “mio figlio è in ritardo…sicuramente ha avuto un grave incidente”. 

Depressione: cura

Poiché uno dei sintomi della depressione è la perdita della speranza, quanto più la condizione è grave tanto più la persona si convince dell’impossibilità che qualcuno o qualcosa possa lenire la sua sofferenza. Questo rappresenta uno dei principali ostacoli alla richiesta spontanea di aiuto e all'adesione al trattamento, sia che si tratti di una terapia farmacologica che di una psicoterapia.

Spesso questi pazienti vengono trascinati in studio dai parenti, ma loro sono poco convinti.

Nei casi più gravi è quindi difficile avviare una psicoterapia perché manca la compliance, i sintomi sono troppo invalidanti e la persona non ha la possibilità di mobilitare le sue risorse cognitive residue per aderire al trattamento. Pertanto, in questi casi, un intervento farmacologico deve essere considerato necessario.

Poiché però la terapia farmacologica da sola è solo sintomatica e non rimuove le componenti cognitive alla base del disturbo, appena le condizioni del paziente siano sufficientemente migliorate, è opportuno affiancare una psicoterapia.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale si è dimostrata efficace nel trattamento della depressione. Il modello standard di trattamento secondo questo approccio prevede la combinazione di due strategie:

  • Ristrutturazione cognitiva: l’obiettivo primario della psicoterapia è il cambiamento delle distorsioni cognitive da cui dipende la visione negativa della realtà. Lo scopo non deve essere quello di portare il paziente a pensare in modo positivo, ma a pensare in modo realistico e obiettivo, non più oscurato dal velo nero della depressione.
  • Attivazione comportamentale.  La mancanza di motivazione, l’apatia e la mancanza di interesse inducono il paziente depresso ad un progressivo abbandono di tutte le attività piacevoli con la conseguenza di peggiorare il proprio umore depresso. Secondo l’approccio comportamentista, la depressione sarebbe provocata proprio dalla perdita di rinforzi positivi. La tecnica dell’attivazione comportamentale pertanto prevede la pianificazione con il paziente di attività che diano al paziente la possibilità di ricavare nuovi rinforzi positivi.

Una moderna terapia comportamentale che sta dando buoni risultati è l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT). L’ACT è un tipo di terapia che combina interventi di accettazione e mindfulness con strategie di impegno e cambiamento al fine di promuovere la flessibilità psicologica, cioè la capacità di vivere vite più soddisfacenti anche in presenza di emozioni e pensieri negativi.

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Commenti: 1
  • #1

    Filomena (martedì, 19 maggio 2020 21:31)

    Molto interessante! Conosco molte persone che in questo periodo si sentono così...